mercoledì 5 marzo 2014

L'occupazione come strumento di dignità

L'occupazione è un gesto di denuncia sociale, si denuncia la mancanza di uno spazio (in questo caso di una biblioteca in cui studiare), la mancanza da parte dell'amministrazione di fornire ai giovani studenti uno spazio che offra libera socializzazione e possibilità di crescita colletiva.

Nell'occupazione di uno stabile, ci si riapproria di un'ex-struttura, non solo per una questione economica, ma come rifiuto di una società nella quale non c'è più posto per i bisogni collettivi, nella quale la disponibilità di spazi pubblici è oramai inesistente, nella quale tutto è ridotto a puro oggetto  mercificato. È una forma di sottrazione al degrado metropolitano di spazi di vita, ma è anche uno strumento di protesta rispetto al sistema che a tale degrado ha condotto.

La caratteristica di un'occupazione è fondere l'impegno politico, e la conseguente crescita politica per i membri che vi partecipano, alla socialità, ma una socialità liberata dalla morsa del consumismo, dalla mercificazione dei prodotti e dei corpi.

Autogestione identifica un'impostazione nell'agire entro il quale il soggetto che la pratica diventa unico responsabile delle proprie scelte, ma ogni scelta e attività viene concepita e condotta in senso collettivo per un miglioramento della condizione sociale.

Normalmente in un'occupazione si attiva la partecipazione personale anzichè la logica del lavoro eterodiretto, ma nel contesto universitario si mina invece la struttura verticalistica decisionale dell'univerisità, che non garantisce il pieno diritto allo studio inteso come non solo la possibilità di frequentare una lezione e dare un esame, ma come diritto ad una formazione a più ampio raggio.

Si propongono quindi metodi di diffusione culturale alternativi a quelli "ufficiali", si diventa fautori collettivi della gestione di uno spazio e si trasforma lo spazio stesso in funzione delle necessità che gli occupanti sentono maggiormente impellenti.

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